di
Angelo Gaja
Il mio primo viaggio lo feci nel 1980. Sembrava allora un paese triste nonostante l'economia a macinare successi, i servizi pubblici a un livello di grande efficienza, l'organizzazione della società curata con minuzia. Le donne indossavano vestiti di un blu mesto, gli uomini in grigio o nero di ordinanza, era un paese che amava l'isolamento, non gradiva la presenza dei forestieri. A Tokyo erano allora 48 i locali che proponevano cucina italiana, svettava Sabatini, originario romano. Da allora, il paese è molto cambiato. La grande rivoluzione l'hanno vissuta le donne, guadagnando considerazione nell'ambito familiare, rispetto, libertà e bellezza. Non è più l'uomo giapponese a essere al centro del creato. Per osservare alcuni dei molteplici aspetti della Tokyo di oggi merita immergersi nella vivacità e nei colori di Omotesando, passeggiare nella quiete mistica del vicino parco di Meiji Jingu, godere del pullulare di gioventù e dei gradevoli luoghi di intrattenimento che sono nel complesso di librerie di Tsutaya, nel quartiere di Daikanyama.
L'atteggiamento del paese a isolarsi, a restare chiuso all'immigrazione si è modificato. L'accoglienza ai turisti è molto migliorata e gode di nuovi incentivi. E' del 2016 la concessione ai cittadini di Tokyo di affittare le loro abitazioni ai turisti esteri anche per pochi giorni. Il che non toglie che a un giapponese che scorge un mozzicone di sigaretta perso su di un marciapiedi immacolato venga da pensare che a buttarlo sia stato un cinese. Amici non lo diventeranno mai, ma i cinesi che arrivano spendono, riempiono i negozi e i ristoranti, tocca sopportarli.
Ora nella Tokyo metropolitana i locali che propongono cucina italiana sono piu' di 5.000, in larga maggioranza con cuochi di origine giapponese che vantano un percorso in Italia a praticare la nostra cucina. Il successo della cucina italiana ha contagiato Osaka e altre città, e si è esteso gradualmente anche alla provincia. Si deve a questi ristoranti la diffusione e la conoscenza dei prodotti dell'agro-alimentare italiano, vino incluso.
Ho goduto nel mio ultimo viaggio anche di una visita al mercato del pesce, Tsukiji, il più grande del mondo, frenetico, con moltissime varietà di pesci che gli europei non si sognano neppure di consumare, permeato dal profumo del mare. Occupa una vasta area a fianco della centralissima Ginza. Entro l'anno Tsukiji verrà trasferito per fare posto alle installazioni che dovranno accogliere le Olimpiadi del 2020. I giapponesi, degli asiatici, sono quelli che hanno più gusto, per il bello e per il buono. All'Italia guardano con grande interesse, ammirano le nostre bellezze, il made in Italy e la nostra gastronomia, molti dei nostri scrittori sono tradotti, guardano con grande curiosità all'arte italiana. Il 13 maggio scorso, all'Istituto Italiano di Cultura di Tokyo, su pregevole iniziativa del direttore, professor Amitrano, presente l'autore, è stata inaugurata la mostra del maestro Tullio Pericoli, "Langhe, frammenti di paesaggio" (eventi.iictokyo@esteri.it).
Cosa dire del mercato del vino in Giappone? L'Italia nel tempo ha guadagnato posizioni, ottimamente sostenuta dai ristoranti di cucina italiana. In termini di volumi di importazione di vino in Giappone nel 2015, l'Italia è terza, incollata alla Franci e al Cile che per la prima volta ha conquistato il primato. Mentre in termini di valore la Francia è prima e l'ultimo è il Cile. Il primato in volume del Cile è dovuto ai bassi prezzi, ai pochi nomi varietali indicati in etichetta (Cabernet, Chardonnay, ...) in grado di facilitare le scelte dei consumatori occasionali che costituiscono la maggioranza, a una promozione efficace e al vantaggio imputabile a una tassazione leggermente più favorevole. Cosa deve fare l'Italia per crescere l'export di vino verso il Giappone?
Avere conoscenza che il vino italiano, così come molti prodotti dell'agroalimentare di casa nostra, gode già in Giappone di ottima immagine e non si fa un buon servizio al nostro paese proporlo di qualità modesta e a prezzi svaccati; continuare a costruire domanda in favore del vino italiano, come già si sta facendo; favorire l'accesso su quel mercato dei produttori che ancora non ci sono arrivati, attingendo anche al vasto numero di importatori di dimensione media-piccola, ideali per far conoscere i vini di produzione artigianale; porre maggiore attenzione a penetrare nei ristoranti di cucina giapponese che hanno aperto al vino come soltanto 15 anni fa appariva improbabile; accogliere con cura i giapponesi che vengono in visita alle cantine italiane, affascinarli, fare affidamento sulla loro fidelizzazione. Con la consapevolezza che in Giappone il vino ha il vento in poppa. Il consumo annuale pro-capite è superiore a 3 litri e può soltanto crescere. Negli ultimi 15 anni la birra, la bevanda nazionale, preferita dagli uomini unitamente agli spiriti, ha avuto un calo di consumo del 15 per cento. Il Saké è in caduta libera. Il Whisky da segni di lenta ripresa dopo anni di rallentamento dei consumi.
Il vino è l'unico a crescere con tassi annuali superiori al 5 per cento. Al vino si sono avvicinate le donne, che gli riconoscono la valenza di bevanda culturale. Le ditte giapponesi produttrici di birra, Asahi, Suntory, Kirin, Sapporo, da tempo hanno fiutato l'aria che tira e investito acquistando aziende distributrici di vino. E' successo anche per l'importatore Enoteca (www.enoteca.co.jp) con il quale lavoro, acquisito da Asahi, che continua a operare con elevata professionalità. Il Giappone è per il vino italiano il mercato asiatico più importante. I consumatori conoscitori sono numerosi, i sommelier sono molto preparati. E' stata una delle prime volte, nel mio recente viaggio, che ho raccolto critiche non più velate nei confronti di produttori che praticano l'uso molto limitato, se non anche l'eliminazione, di anidride solforosa per vini che storicamente godevano del riconoscimento di spiccata longevità. Perchè longevi non lo sarebbero più, manifestando già nel primo decennio di vita i segni di una prematura ossidazione (premox), una maturazione accellerata. Anche gli importatori cominciano a diffidarne assumendo atteggiamenti di cautela.
Ho imparato ad ammirarlo il Giappone, mi piace molto e confido di poterci ritornare.