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domenica 2 maggio 2010

PETRINI E CHIARLO: PIEMONTESI DOC

Anche una amicizia, bella e sana, come quella con il produttore di Calamandra, Michele Chiarlo, non dispensa Carlin Petrini, l’uomo Slow Food, di fotografare il momento. “Mai dimenticare chi è arrivato prima, come lui. Gli adulatori che si presentano dopo hanno un pedigree diverso. Nel 1982 si pagava il Dolcetto più del Barbaresco e del Barolo, così andava sulle nostre colline dal Monferrato astigiano, alla Langa albese, sino a Dogliani. Eppure un giorno, degli anni Novanta, Robert Mondavi, dal Belvedere di La Morra, disse al suo amico Angelo Gaja: ‘Non senti un rumore?’. ‘No, forse un trattore lontano’, fu la risposta del produttore di Barbaresco. ‘Qui state dormendo alla grande’, replicò, l’americano…”. Molti percorsi sono cambiati, in seguito. “Michele Chiarlo è rimasto – aggiunge Carlin - Ora ci sono i suoi figli, in azienda. Con un obbligo: governare il limite. In Langa lavorano 10 mila macedoni, sono bravi a potare, gli italiani non vogliono farlo, li abbiamo accettati, anche se lentamente. Ma abbiamo evitato la figuraccia di Rosarno. E’ sempre Italia. C’è la crisi, di sistema, eliotropica. Ci vuole tempo, tanto. Si produce uno e si consuma 2,5. Le riserve non sono infinite, bisogna innestare una marcia più bassa. Inventare una nuova ruralità. Governare il limite. Michele Chiarlo, la sua famiglia, sono un esempio”.

LE 50 VENDEMMIE DI MICHELE


Di Michele Chiarlo ho un esempio della sua indistruttibile volontà di monferrino. Un giorno di qualche anno fa sono stato a trovarlo. Lui stava acquistando dei terreni. Lo accompagnai in quei terreni e mi sorprese perché mi disse che stava facendo degli accorpamenti. Aveva già comperato, per fare 9 ettari di vigna, da dodici proprietari diversi. Per farne altri dieci, di ettari, stava trattando con altri diciotto. Ci è riuscito. Ha fatto il suo vigneto a Castelnuovo Calcea e Montaldo Scarampi. E’ nato il parco artistico Orme su La Court. C’è il vino, le sculture di Lele Luzzati, tra i filari, la calma, il sogno di Michele. Ha fatto cinquanta vendemmie. Mi piace pensarlo “barberista”, continuatore di una strada tracciata da un signore dal nome magico: Giacomo Bologna. Anche se produce Barbaresco e Barolo, da due cru ambiti: Cerequio e Cannubi, Michele resta un astigiano. Un gentiluomo di campagna.

DOVE COME QUANDO

"Michele Racconta"
Storia di una famiglia del vino in Piemonte
Autori: Paola Gho e Giovanni Ruffa
Fotografie: Giovanni Succi
Editore: Semidivite
140 pagine, euro 25

1 commento:

  1. Mi chiamo Enrica Gianoglio, figlia di Remo e di Maria Chiarlo fù Giuseppe ragazzo del 99.Cercherò il libro e mi farà piacere riscoprire vecchie storie di vita legate alla mia famiglia.

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