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You Make a Living from What You Get - But You Make a Life from What You Give
giovedì 31 marzo 2016
BOLLE D'ORO PER DOM PERIGNON ROSE' 1990
Cromatismi a parte un grande magnum di Dom Perignon Rosè. Ventisei anni sulle spalle per questa cuvée 1990 ancora vivace nelle sue bollicine, ricca di salinità, sentori di ruggine, agrume amaro, qualche svolazzo di accettabilissima ossidazione e uno spettacolare colore aranciato-oro. Immobile in cantina per anni ha superato tutti gli esami che chiede una prova del genere. Creatura del tandem di cantina della Maison Moet&Chandon, Dominique Foulon e Richard Geoffroy, fa parte di un raro esempio di cosa dovrebbe essere il vino.
"SEMEL PATER", PINOT NOIR DI ANSELMET
DOVE COME QUANDO
Maison Anselmet
Frazione Vereytaz, 30
Villeneuve (Aosta)
Tel. +39 0165 904851
www.maisonanselmet.it
Produzione: 100.000 bottiglie
Ettari di vigna: 8
mercoledì 23 marzo 2016
VALLE DELL'ACATE: CERASUOLO O FRAPPATO
La fotografia è riuscita così, ma non per questo mi piace meno. Anzi quell'aria da professore esigente dona assai a Gaetana Jacono, farmacista mancata, soprattutto produttrice di vino in Sicilia con Valle dell'Acate. E' sempre lei, stessa grinta, grande carica nello spiegare i passi del suo Cerasuolo di Vittoria, un blend di uve Nero d'Avola e Frappato che in tavola ha fatto il giro del mondo. Grande armonia, bella stoffa, un vino che sta cercando la sua consacrazione (vedi post 20 aprile 2010 e 13 marzo 2014). Per questo nella piana di Vittoria è arrivato un "barolista", l'enologo Carlo Casavecchia, più siciliano che piemontese, considerati i suoi trascorsi professionali, che avrà il compito di raggiungere la sua scommessa: "Che il Cerasuolo sia un vino da conservare e bere nel tempo, un viaggio verso la longevità". Per questo nelle ultime stagioni il blend di Nero d'Avola e Frappato è cresciuto in favore del secondo vitigno: 40 per cento contro il 60 del primo. Questo per armonizzare il risultato nel bicchiere, lasciando la parte del leone a finezza, eleganza e sentori di speziatura, balsamico, cacao. Accanto al sogno di Gaetana di realizzare quanto prima una Riserva. Sarà così non ci sono dubbi. Bisogna essere cocciuti nella vita e sfatare la retorica, la Jacono spesso ricorda l'out out di suo padre Giuseppe: "Non farai mai vini in questa zona...". Invece... Come per il Frappato, altra pagina, vitigno in purezza, vino fresco, di buona aromaticità, elegante, con sentori di piccoli frutti rossi e la delicatezza del petalo della rosa bulgara. Lo "smiling wine", come gli americani hanno battezzato il Frappato ha conquistato il mercato Usa e il Giappone, piacendo in sostanza a tutti, una delle tante novità enologiche italiane da proporre a tavola con pesce, dalla triglia allo spada, passando per il salmone. Da provare anche con paccheri alla buccia d'arancia, come li fa Gaetana Jacono quando si rammenta di fermarsi in cucina...
DOVE COME QUANDO
Valle dell'Acate
Contrada Bidini
Acate (RG)
Tel. +39 0932 874 166
www.valledellacate.it
Produzione: 450.000 bottiglie
Ettari di vigna: 100
Cerasuolo di Vittoria 2013
Produzione : 100.000 bottiglie
Vitigni: Nero d'Avola, Frappato
Prezzo in enoteca: euro 19
Frappato 2015
Produzione: 100.000 bottiglie
Vitigno: Frappato
Prezzo in enoteca: euro 13
Valle dell'Acate
Contrada Bidini
Acate (RG)
Tel. +39 0932 874 166
www.valledellacate.it
Produzione: 450.000 bottiglie
Ettari di vigna: 100
Cerasuolo di Vittoria 2013
Produzione : 100.000 bottiglie
Vitigni: Nero d'Avola, Frappato
Prezzo in enoteca: euro 19
Frappato 2015
Produzione: 100.000 bottiglie
Vitigno: Frappato
Prezzo in enoteca: euro 13
giovedì 10 marzo 2016
mercoledì 9 marzo 2016
CHARDONNAY DEL MONDO TESTA DOM RUINART
Grandi Chardonnay del mondo per testare il Blanc de Blancs della Maison Dom Ruinart. Un gioco, ma soprattutto un modo per confrontare lo Chardonnay allevato nella Champagne e spina dorsale delle bolle della storica casa di Reims. Frederic Panaiotis, chef de cave, racconta i segreti di Corton-Charlemagne, Puligny-Montrachet, gli americani Ridge Montebello, Kongsgaard Wine della Napa Valley, l'italiano "W...Dreams..." di Jermann, che non fa assolutamente brutta figura, anzi, snobbando un po' l'annata 2004 del Ruinart Blanc de Blancs. Bollicine di estrema finezza con note di agrumato, floreale e frutta a polpa bianca. Una grande freschezza al palato rivelano le ottime caratteristiche di questa annata servita in magnum. Gli acini provenienti dai Premiers Cru della Cote des Blanc e dalla Montagna di Reims svelano la pignoleria che la Maison investe nella ricerca dell'impossibile in bottiglia. Grande investimento degli ultimi tempi per la Maison che insegue il primato che gli compete. Pur trattandosi di tipologie diverse gli Chardonnay del mondo degustati non fanno meglio del Blanc de Blancs francese, e fa sorridere anche Frederic Panaiotis di fronte all'ipotesi, surreale e divertente, di vini scelti ad arte per esaltare la fuoriserie di casa...
venerdì 4 marzo 2016
"PER FAVORE, UN PO' DI CHIMICA IN VIGNA"
di Angelo Gaja
"Tra il 1850 e il 1890 si abbatterono sulla viticoltura europea l’oidio e la peronospora, fitopatologie nuove e aggressive come non si erano mai viste nei secoli precedenti. I viticoltori dovettero imparare a combatterle sistematicamente con l’impiego di antiparassitari, zolfo e rame, se volevano salvare la produzione d’uva. Come non bastasse, qualche tempo dopo arrivò la fillossera a innescare la moria delle viti, a seguito della quale si fu costretti a estirpare la totalità dei vigneti per reimpiantarli successivamente su portainnesto di vite americana, quest’ultima resistente alla malattia. Sembrò a quel tempo che la viticoltura europea ricevesse un colpo mortale. Non fu possibile allora attribuire il disastro al supposto cattivo stato di salute della viticoltura causato da un impiego eccessivo della chimica, perché non se n’era mai fatto uso prima; alla monocoltura, perché si era sempre praticata la policoltura; alla perdita di biodiversità, perché non ce n’era mai stata così tanta. Ci fu un ampio abbandono della viticoltura in favore di altre coltivazioni. Poi, gradualmente, si trovarono le contromisure e nel secolo scorso si individuò nella chimica il mezzo più efficace per contrastare le fitopatologie attraverso l’impiego di antiparassitari, definiti via via anche come fitofarmaci, pesticidi, veleni chimici. E la chimica, a farla da padrona, continuò a fornire altri prodotti ancora da impiegare in qualità di fertilizzanti e diserbanti. E’ nel secolo corrente che prende forza la domanda di una agricoltura che faccia meno ricorso alla chimica e si affermano per il cibo l’esigenza della sanità, a protezione della salute del consumatore, e della pulizia, affinché la coltivazione non divenga inquinante per l’ambiente.
L’obiettivo primario di ridurre l’impatto della chimica in viticoltura viene oggi perseguito con la lotta integrata, che riduce l’uso di antiparassitari integrandoli con prodotti che non sono di origine chimica; la conduzione biologica, che limita l’uso di prodotti chimici ai soli rame e zolfo; la conduzione biodinamica che esclude l’uso della chimica. Ma non ci si può fermare soltanto qui. Vanno utilizzati anche quei sistemi che consentono di arrivare a produrre viti che offrano una buona resistenza alle malattie, inseguendo così l’obiettivo di contenere/abbattere il ricorso alla chimica per combatterle.
La recente scoperta del sequenzionamento del genoma della vite offre oggi alla ricerca nuove importanti opportunità: di individuare le viti che ospitano il gene della resistenza (al patogeno) e trasferirlo nel genoma di viti che non lo posseggono. Pratica da avviare attraverso l’impiego di biotecnologie che non sono equiparabili agli OGM transgenici. Andrà chiesto ai vivaisti di dedicare maggiore attenzione al materiale derivante da selezione massale, per non affidarsi totalmente alla selezione clonale che produce viti più fragili. Al fine poi di recuperare salute al vigneto, andranno estese le pratiche che consentono di rafforzare la vitalità del suolo. La strada per abbattere l’uso della chimica nel vigneto è lunga, se la si vuole condurre con successo va percorsa senza paraocchi, utilizzando tutti gli strumenti disponibili".
mercoledì 2 marzo 2016
IL BAROLO BEL COLLE ALLA FAMIGLIA BOSIO
Il Barolo visto da qualche collina distante. Da Santo Stefano Belbo per esempio dove la famiglia Bosio produce da tempo Moscato d'Asti. Una presenza ingombrante trattandosi di uno dei migliori rossi del mondo. Così la scelta cade sulle colline di Verduno dove si produce il Monvigliero, cru apprezzato. Una azienda, la Bel Colle, segna il passo e cambia i suoi proprietari. Valter e Luca Bosio, padre e figlio, non si fanno perdere l'oppurtunità. Produrranno Barolo, il sogno, accanto al Moscato, la ragione del loro successo. Per segnare la tappa una degustazione di dieci annate, dal 1971 al 2012. Vini al limite in certe situazioni, ma di carattere. Creati da uno degli enologi più discreti dell'intero panorama: l'astigiano Paolo Torchio che conosce i segreti di Monvigliero. Il 1996, vent'anni di vita, rivela finezza, note di balsamico, frutta rossa, una sorpresa dal colore "mattonato"; il 1999 pieno di vigore, elegante, poi dal 2004 la prima svolta "tecnologica" della cantina i vini rispondono a quanto l'enologo chiede: una veridicità del territorio, una certezza che non lascia spazio all'improvvisazione, per questo il 2006 offre eleganza, la sua trama è sottile, ma nel finale si prende tutto quanto occorre per rivelare stoffa e personalità. La complessità del 2011 fa da anteprima all'ultima annata il 2012, vino ancora in evoluzione, che denuncia struttura, morbidezza. Torchio è un grande appassionato e lo dimostra stappando l'annata 1971: il colore è da PX, uno dei migliori vini da dessert del mondo, i profumi si confondono tra liquerizia, corteccia, caffè, in bocca l'età si fa sentire, ma la prova passa l'esame: la bottiglia ha quarantacinque anni, per un Barolo sono forse un po' troppi. Adesso la mano passa alla famiglia Bosio che a questo punto cambia la sua ragione sociale, sarà Bosio Family Estates.
L'UOVO POCHE' DI MAURILIO GAROLA
L'eccellenza in un uovo. Lo chef Maurilio Garola si esibisce in una gustosa performance abbinando la semplicità dell'uovo alla fonduta. Mix culinario vellutato. Al palato sorprende per la piacevolezza e la consistenza di prodotti apparentemente "leggeri". La fattura è azzeccata, l'uovo pochè appoggiato sulla fonduta, la crema di formaggio che esalta questo piatto proposto dal numero uno del ristorante piemontese "La Ciau del Tornavento".
COME DOVE QUANDO
La Ciau del Tornavento
Piazza Baracco, 7
Treiso (Cn)
tel. 0173 63 83 33
www.laciaudeltornavento.it
Chiuso: mercoledì e giovedì a pranzo
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