di Angelo Gaja
E’
il Giappone il paese asiatico che conosco di più per esserci stato dal 1979 una
trentina di volte, quasi sempre per ragioni di lavoro. Dal momento dell’arrivo
in centro a Tokyo ho ammirato i GINKO (in giapponese ICHO), alberi alti una
diecina di metri, ai lati dei viali, con foglie che viravano dal verde al
giallo oro. Molti di questi ai piedi dei grattacieli, a guisa di grandi mazzi
di colore oro, uno spettacolo della natura. Li avevo sempre e soltanto visti di
colore verde, non ricordo in passato di essere stato a Tokyo a fine novembre.
Questa
volta ho goduto anche di un giorno di vacanza e mi ha fatto da guida Toshi Mori
(proprietario di Odex Japan, odex@wc4.so-net.ne.jp,
importatore/distributore molto capace di vini dal buon rapporto qualità/prezzo.
No, non importa i miei vini, siamo però ottimi amici, parla otto lingue,
italiano compreso. E’ lui a farmi scoprire nel formicaio di Tokyo un angolo di
quiete all’interno del quartiere DAIKAN-YAMA. Un’area dominata da tre grandi
fabbricati dalla moderna architettura dedicati interamente ai libri e a tutto
ciò che c’è da leggere sia in versione cartacea che sul web, pullulanti di
persone di ogni età, silenziose come si usa in un luogo di culto. Intorno caffetterie e bar senza musica
di sottofondo. Mamme prive di ansia osservano i loro bambini correre ovunque.
Un luogo di rigenerazione dello spirito. Ho visitato, nello stesso quartiere,
anche uno degli EATALY di Tokyo. Perdo per un attimo l’incontro con il
Presidente signor Shigeru che è appena partito per andare a tenere una
conferenza a Yokohama. Mi accoglie il signor Suzuki, già sommelier del
ristorante Sadler, felice di mostrarmi il libro “STORIE DI CORAGGIO” di Oscar
Farinetti e dirmi che nei prossimi mesi verrà tradotto in lingua giapponese.
Degli
asiatici i giapponesi sono quelli che hanno più gusto (taste), per il design,
per la moda, per il bello, per il buono; sono anche quelli che da turisti hanno
viaggiato in Occidente da più tempo.
Giappone
e Italia sono assillati da problemi comuni. Un debito pubblico molto elevato
che il Paese non riesce a ridurre e che va onorato ogni anno pagando interessi
imponenti. La delocalizzazione industriale verso Paesi in via di sviluppo, che
offrono costo lavoro e tassazione dei redditi di impresa inferiori, crea
disoccupazione in patria. Il Giappone guarda con preoccupazione alla Cina che
rivendica il dominio sulle isole Diaoyu/Senkaku e mal sopporta la vicinanza di Paesi alleati agli Stati Uniti;
l’Italia invece teme l’invasione dei flussi migratori africani. Nella
generazione dei quaranta-cinquantenni, che avevano vissuto con ottimismo la
fase di sviluppo e di crescita economica dei decenni Settanta e Ottanta, il ricordo
del passato si stempera nella preoccupazione per il futuro facendo vivere male
il presente. Sono numerosi, tra i quaranta-cinquantenni ristoratori giapponesi
di cucina italiana, quelli che hanno trasferito/esteso la loro attività ad
altri Paesi asiatici: Cina, Singapore, Vietnam, Thailandia, Filippine, …
contribuendo a diffondere in quelle nazioni la cultura del mangiare e del bere
italiano. I giovani giapponesi
invece non hanno memoria dei momenti di euforia del passato, per non averli
vissuti. E’ da apprezzare la disponibilità che molti di essi hanno, ultimata la
scuola dell’obbligo, di affrontare un periodo di lavoro all’estero (se non
riescono a procurarselo nel proprio Paese) per fare esperienza, accrescere la
professionalità, imparare le lingue, nel settore nel quale hanno maturato la
volontà di operare: con il desiderio di ritornare un giorno in patria quando
“la nottata sarà passata”.
E’
noto che già da alcuni decenni giovani apprendisti cuochi giapponesi vengono in
Italia a fare esperienza nella nostra ristorazione di qualità. E’ una fortuna
per il nostro Paese perché quando rientrano in patria e aprono/lavorano in
ristoranti di cucina italiana diventano eccellenti ambasciatori dei prodotti
dell’agro-alimentare italiano.
Il
Giappone è il paese asiatico con il più elevato consumo di vino annuale
pro/capite, oltre 2,6 litri; la
tendenza è alla crescita. Il vino italiano gode di un ottimo posizionamento e
immagine. Numerosi sono gli importatori e tra questi anche quelli di vini
italiani prodotti da artigiani di dimensione medio-piccola: professionali,
sanno come vanno conservate le bottiglie di vino e come vanno promosse,
puntuali nei pagamenti. Importano
anche vini artigianali:
RACINES,
info@racines.co.jp; VINAI OTA, vinaiota@aol.com; WINE WAVE, info@wine-wave.com; VINTNERS, info@vintnersgroup.com
A
Tokyo ho lavorato per due giorni con l’importatore dei nostri vini, ENOTECA, www.enoteca.co.jp.
P.S. In occasione di un seminario
organizzato da ENOTECA mi ha fatto da traduttore Isao Miyajima isaovino@crux.ocn.ne.jp, bravissimo,
professionale, molto apprezzato dai presenti.
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