VINUM NOSTRUM di Angelo Gaja
C’è penuria di vino
nelle cantine italiane dopo anni di bassa produzione d’uva a causa del
ripetersi di condizioni climatiche sfavorevoli, per eccesso di calore e di
siccità nei mesi estivi. Che cosa potrebbe accadere nel 2013 per il vino italiano?
Che a giugno non ci sia più
vino, che le cantine che vendono a meno di due euro al litro (soglia di prezzo
che vale per più dell’ottanta per cento del vino italiano) non ne abbiano più
da offrire. Un contributo in tal senso lo daranno anche gli imbottigliatori
previdenti che ne avranno fatto scorta per non rimanere a secco nei mesi
successivi. Tutto ciò avverrà all’insegna del “mai successo prima”. Sarà panico per i prezzi delle uve
della vendemmia 2013 che si temeranno in forte rialzo.
Che a qualcuno venga la
curiosità di confrontare le denunce di produzione delle uve e del vino della vendemmia 2012 di produttori singoli e associati ed evidenzi come, sotto lo stesso cielo, per identiche aree
geografiche, ci sia chi abbia denunciato cali di produzione anche del trenta
per cento e chi cali eguali a zero.
Che nel 2013 l’Italia perda il
primato in milioni di ettolitri esportati, a causa della Spagna. Ancora
all’insegna del “mai successo prima”. Non mancherà chi, dalla mera analisi dei
numeri, addebiterà al mondo del vino italiano perdite di produttività e di
competitività, ignorando che il vino sia un prodotto naturale e il cielo sia
il tetto del vigneto. Se a causa del clima si produce meno uva resta poi impossibile vendere più vino.
Che le cantine sociali italiane (controllano oltre il cinquanta per
cento della produzione nazionale d’uva) e associazioni di riferimento
ammorbidiscano il loro rifiuto alla liberalizzazione degli impianti voluta da
Bruxelles e si giunga a definire una strategia comune volta a introdurre dal
2015 un sistema misto: di
mantenimento dei diritti di reimpianto per le DOC e DOCG e di liberalizzazione
per IGT e vini da tavola.
Che dalla primaverile lettura
dei bilanci delle cantine italiane di grande dimensione emerga come il giro
d’affari relativo al 2012 sia stato spesso penalizzato dal calo del fatturato
sul mercato italiano e sia stato
invece salvifico il recupero realizzato grazie al fatturato conseguito sui
mercati esteri. Di qui un maggiore impulso a investire su quei mercati,
sacrificando anche parte delle risorse che si pensava di destinare alla
promozione sul mercato domestico. Tempi grami per le pubblicazioni del vino che
in Italia, come altrove, vivono di pubblicità, così come per gli oltre duecento premi giornalistici istituiti da
cantine ed enti di promozione, un fenomeno tipico di casa nostra sconosciuto
all’estero, che diventeranno avari di riconoscimenti ai giornalisti italiani e
più generosi nei confronti di quelli dei paesi esteri. Una spinta a rincorrere l’estero
l’hanno fornita anche i contributi concessi da Bruxelles per finanziare
progetti di promozione del vino sui mercati extra-europei. Il campanilismo
italiano ne ha tratto nuova linfa, si consolida il desiderio nei produttori
piccoli e grandi, in gruppo o per proprio conto, di andare in ordine sparso a
conquistare l’Asia. E intanto si impara a esplorare il mondo che verrà.
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