Anche una amicizia, bella e sana, come quella con il produttore di Calamandra, Michele Chiarlo, non dispensa Carlin Petrini, l’uomo Slow Food, di fotografare il momento. “Mai dimenticare chi è arrivato prima, come lui. Gli adulatori che si presentano dopo hanno un pedigree diverso. Nel 1982 si pagava il Dolcetto più del Barbaresco e del Barolo, così andava sulle nostre colline dal Monferrato astigiano, alla Langa albese, sino a Dogliani. Eppure un giorno, degli anni Novanta, Robert Mondavi, dal Belvedere di La Morra, disse al suo amico Angelo Gaja: ‘Non senti un rumore?’. ‘No, forse un trattore lontano’, fu la risposta del produttore di Barbaresco. ‘Qui state dormendo alla grande’, replicò, l’americano…”. Molti percorsi sono cambiati, in seguito. “Michele Chiarlo è rimasto – aggiunge Carlin - Ora ci sono i suoi figli, in azienda. Con un obbligo: governare il limite. In Langa lavorano 10 mila macedoni, sono bravi a potare, gli italiani non vogliono farlo, li abbiamo accettati, anche se lentamente. Ma abbiamo evitato la figuraccia di Rosarno. E’ sempre Italia. C’è la crisi, di sistema, eliotropica. Ci vuole tempo, tanto. Si produce uno e si consuma 2,5. Le riserve non sono infinite, bisogna innestare una marcia più bassa. Inventare una nuova ruralità. Governare il limite. Michele Chiarlo, la sua famiglia, sono un esempio”.
LE 50 VENDEMMIE DI MICHELE
Mi chiamo Enrica Gianoglio, figlia di Remo e di Maria Chiarlo fù Giuseppe ragazzo del 99.Cercherò il libro e mi farà piacere riscoprire vecchie storie di vita legate alla mia famiglia.
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