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martedì 25 marzo 2014

QUEL MARCHIO ITALIA CHE NON CONVINCE




di Paolo Caciorgna, enologo

"ll.mo Ministro Martina ,


sono un Enologo che opera come libero professionista, e nello stesso tempo un piccolo produttore di vino con la mia Azienda di famiglia.
 Nei giorni scorsi ho potuto seguire il Suo intervento sul Forum di Repubblica in cui ho avuto il piacere di apprezzare la Sua preparazione.
 Mi permetto di rubarLe poco tempo per portare l'attenzione sull'argomento di un eventuale  "Marchio Italia" , da Lei proposto, sui prodotti DOP.

 In Italia, sui vini, quasi tutte le denominazioni DOC, e tutte le denominazioni DOCG hanno una fascetta, cosa che i nostri vicini francesi non hanno.

 Eppure il mondo riconosce loro la posizione di leader per la produzione di vino di qualità. In tutti i mercati occupano la fascia alta e/o altissima dei prezzi.

 E' proprio l'unica strada quella di mettere un altro bollino sulle nostre bottiglie per valorizzarle e difenderle? 




Apprezzo tutto quello che si fa per incentivare la qualità, ma credo che la strada giusta sia quella di costruire una "mentalità", una "cultura vera" della qualità, 

prima di tutto nei produttori. La qualità è qualcosa che deve far parte del DNA del produttore, di una zona e quindi di un sistema paese. 
Aiutiamo i produttori a fare il loro mestiere, liberandoli dalla burocrazia, non creandone altra. 
I produttori dovrebbero utilizzare le loro migliori energie per occuparsi appunto di produzione, dei dettagli che fanno la qualità vera, poi di marketing etc.
 Già abbiamo il nostro sistema di certificazione che ci costa tantissimo (da migliorare perchè spesso rischia di interferire sulla libera interpretazione dell'imprenditore),
 abbiamo l'obbligo di mettere delle fascette, che ci costano in termini economici, e anche estetici, perchè spesso vanno a impattare con l'immagine molto
 curata da parte di tante Aziende. Se dobbiamo mettere un ulteriore bollino, Signore aiutaci! 
Poi finisce, come in passato, che alcuni produttori bravi, a cui il mondo riconosce di fare qualità, facciano diventare i  loro vini di punta, vini IGT o da Tavola.
 A discapito dei vini a denominazione...
 Con la speranza che le mie considerazioni siano occasione di approfondimento e di riflessione, La ringrazio in anticipo per l'attenzione, La saluto cordialmente,
 e Le auguro buon lavoro".




di Angelo Gaja, produttore

"Il Ministro Martina ha detto: 'Sono maturi i tempi perché l’Italia sperimenti un marchio unico agro alimentare'. Trattandosi di sperimentazione, l’uso del marchio non può essere obbligatorio, ma soltanto su base volontaria, e comunque deve rimanere tale. L’utilizzo di un marchio dovrebbe prevedere costi a carico di coloro che ne beneficiano. Se invece i costi sono a carico dello Stato allora sarebbe opportuno comunicare la previsione di spesa per:
1) eseguire i controlli qualità;
2)promuovere la conoscenza del marchio presso i consumatori (del mondo?) con adeguate campagne pubblicitarie.
Su tutte le etichette di vino italiano l’indicazione del paese di origine ITALIA é già disciplinata per legge".

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